٧١

E se vogliono tradirti, è Allah che già hanno tradito, ed Egli li ha dati in vostro potere. Allah è saggio, sapiente.

Hamza Roberto Piccardo

٧٢
In verità coloro che hanno creduto e sono emigrati, e hanno lottato con i loro beni e le loro vite per la causa di Allah e quelli che hanno dato loro asilo e soccorso sono alleati gli uni agli altri. Non potrete allearvi con quelli che hanno creduto, ma che non sono emigrati, fino a che non emigrino. Se vi chiedono aiuto in nome della religione, prestateglielo pure, ma non contro genti con le quali avete stretto un patto 1 . Allah ben osserva quel che fate.

Hamza Roberto Piccardo

٧٣
I miscredenti sono alleati gli uni degli altri. Se non agirete in questo modo, ci saranno disordine e grande corruzione sulla terra.

Hamza Roberto Piccardo

٧٤
Coloro che hanno creduto, sono emigrati e hanno combattuto sulla via di Allah; quelli che hanno dato loro asilo e soccorso, loro sono i veri credenti: avranno il perdono e generosa ricompensa.

Hamza Roberto Piccardo

٧٥
Coloro che in seguito hanno creduto e sono emigrati e hanno lottato insieme con voi, sono anch’essi dei vostri, ma nel Libro di Allah, i parenti hanno legami prioritari gli uni verso gli altri 1 . In verità Allah è onnisciente! 2 Questa sura fu rivelata dopo la battaglia di Badr, che segnò una svolta nella storia della nascente Comunità islamica. L’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) aveva deciso di attaccare la carovana coreiscita che tornava dalla Siria carica di merci pregiate ma l’agguato fallì e i musulmani si trovarono a dover scegliere tra l’inseguimento della spedizione commerciale o lo scontro con un vero esercito di circa mille uomini che era partito dalla Mecca in suo soccorso. Questo cambiamento di programma costituiva un rischio militare e politico importante. Attaccare una carovana difesa da poche decine di armati poteva essere una scaramuccia senza gravi conseguenze di ordine generale, scontrarsi con un grosso contingente di meccani, nel quale erano rappresentati tutti i più importanti clan della città e guidato dai notabili più in vista, diventava necessariamente un fatto di grande risonanza politica, il cui esito poteva condizionare il futuro della Comunità islamica e la stessa sicurezza di Medina. Ottenuto l’appoggio dei Muhajirùn (gli Emigrati meccani) e degli ’Ansàr (gli Ausiliari medinesi), l’Inviato di Allah accettò il combattimento in campo aperto. I numeri che la tradizione ci ha tramandato ci informano che i musulmani erano montati (a turno) su cammelli e su tre cavalli, i pagani erano forti di circa mille uomini e avevano un centinaio di cavalli. Secondo il costume arabo la battaglia fu preceduta dallo scontro di tre Quraysh pagani e di tre musulmani. I campioni della fede furono tre membri della Famiglia del Profeta (pace e benedizioni su di lui), suo zio Hamza, suo cugino e genero ‘Ali ibn Abî Tâlib e ‘Ubayda, altro suo cugino (che Allah sia soddisfatto di tutti loro). La vittoria arrise ai credenti e fu la stessa cosa per il combattimento che iniziò subito dopo. Nonostante lo svantaggio numerico i musulmani combatterono con ardore sovrumano e Allah (gloria a Lui l’Altissimo) intervenne nello scontro con angeliche truppe guerriere. Ci furono episodi di splendido eroismo e di totale abnegazione che costituiscono in tutti i tempi esempio di coraggio e di comportamento nella guerra per la causa di Allah. Trovarono il martirio quindici musulmani tra cui ‘Umayr, un giovane quindicenne, parente del Profeta. Ben più pesante fu il bilancio delle perdite in campo pagano: cinquanta uomini rimasero uccisi e altrettanti furono presi prigionieri. Dopo anni di persecuzioni e oltraggi Allah (gloria a Lui l’Altissimo) aveva onorato la Sua Comunità anche sul campo di battaglia: era il xvii giorno del mese di Ramadan del secondo anno dall’Egira. 3 La divisione del bottino ottenuto nella battaglia di Badr (vedi nota precedente) rischiava di suscitare contrasti tra i musulmani vittoriosi e offuscare con un’ombra di meschinità lo splendore di una battaglia combattuta per la causa di Allah. Attribuendo il bottino «ad Allah e al Suo Messaggero», il Corano affidò al Profeta la responsabilità della divisione. Fu così introdotto il principio che nella guerra per la causa di Allah non si poteva fare bottino a titolo personale e che tutto quanto doveva essere consegnato al Messaggero (pace e benedizioni su di lui) il quale avrebbe fatto le parti nella maniera più equa (vedi vers. e la nota). 4 Allah è Colui che possiede tutto il creato e che provvede ogni cosa agli uomini; quando essi donano per amor Suo, non fanno altro che riconoscere questa realtà. Nel Corano la fede, l’orazione e la generosità sono frequentissimamente correlate tra loro. 5 II versetto allude alla battaglia di Badr (vedi nota al titolo della sura), l’idea di dover combattere era dispiaciuta a qualcuno, nonostante che (vedi versetto successivo) Allah, tramite il Suo Inviato, avesse promesso la vittoria ai credenti. 6 La Rivelazione divina testimonia inequivocabilmente la volontà di Allah rispetto alle vicende della battaglia di Badr (vedi nota 1). La scelta di combattere contro l’armata Quraysh piuttosto che inseguire la ricca carovana, si inscriveva in un superiore disegno divino com’è confermato da questi versetti. 7 A proposito degli Angeli inviati da Allah in aiuto ai Suoi fedeli, una certa critica cosiddetta «razionalista» tende ad interpretarli in maniera allegorica e cioè nel senso che il coraggio dei credenti varrebbe come l’aiuto di migliaia di Angeli. Vogliamo ribadire che nell’IsIàm credere all’esistenza degli Angeli è parte integrante della ‘aqida (la dottrina), che una grande quantità di ahadìth ci hanno confermato la loro presenza a Badr e che, come la loro esistenza è nota e percepita da milioni di musulmani nella loro vita quotidiana, a maggior ragione fu notata e riconosciuta in quel momento di grande importanza per l’IsIàm che fu la battaglia di Badr. 8 Anche la pioggia cade per testimoniare la benevolenza di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) su coloro che stavano per combattere per causa Sua. La precipitazione ebbe due importanti conseguenze, una di ordine tattico e materiale, l’altra di ordine etico e spirituale. Compattò il terreno sabbioso su cui si trovavano i musulmani evitando la polvere e trasformò in un lago di fanghiglia le posizioni avversarie, ostacolando la manovra degli uomini e dei cavalli; d’altro canto permise ai credenti di praticare la purificazione rituale e rimuovere la «janâba», l’impurità maggiore (vedi nota a IV, 43). Durante la caduta della pioggia, i musulmani furono immersi in una specie di sonnolenza, breve e profonda, e non si accorsero di nulla. 9 «Quando tiravi…»: «quando combattevi, (o Muhammad)». Per dare avvio alla battaglia, l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), raccolse da terra una manciata di sabbia e la gettò contro i politeisti maledicendoli. 10 L’unica volontà che regge e governa il mondo è quella di Allah (gloria a Lui l’Altissimo), e gli uomini non sono altro che strumenti di quella suprema volontà. Se sono musulmani (cioè a Lui sottomessi) sono strumenti consapevoli e realizzati nella loro felice dimensione di servi di Allah, se non lo sono trascinano un’esistenza dissociata tra la loro vera realtà e i loro comportamenti e non avranno pace né in questa vita né nell’Altra. 11 II discorso si rivolge con amara ironia ai miscredenti: «la vittoria che volevate si è trasformata in disfatta, smettete di negare la verità ché sarà meglio per voi. Se poi ancora insisterete Ci troverete nella difesa dei credenti e a nulla potranno le vostre armate, seppur numerose». Nella battaglia di Badr perirono molti tra i più importanti capi dei Coreisciti tra i quali il famoso Abù Jahl che aveva giurato di uccidere l’Inviato di Allah. 12 «sordi e muti»: nei confronti della fede; vedi II, 13 La vera vita è in Allah, l’appello al jihad altro non è se non la possibilità di acquisire una possibilità di vivere vicino a Lui. Tra l’uomo e le sue passioni si frappone il Creatore offrendo un’occasione di suprema testimonianza di fede e di rinuncia ai beni effimeri di questa vita. 14 «fitna»: questo termine difficilmente traducibile implica i concetti di sedizione, disordine, persecuzione, scandalo, oppressione, corruzione, eversione, guerra civile, vizio sociale ecc. (vedi nota a II, 191). In questo versetto viene introdotto anche un concetto molto importante: la responsabilità della sofferenza degli innocenti ricade sui peccatori e non su Allah, gloria a Lui l’Altissimo. L’uomo vive in comunità e pertanto le conseguenze delle sue azioni non riguardano solo lui, la disobbedienza ad Allah e la «fitna» che ne deriva colpisce quasi sempre anche gli altri, soprattutto i deboli e gli innocenti. Secondo molti commentatori in questo versetto è contenuta la profezia sul martirio di ‘Uthmàn figlio di Affan, il terzo califfo. La sua uccisione scatenò la grande discordia tra gli stessi compagni del Profeta (pace e benedizioni su di lui). I giuristi sono poi unanimi circa il fatto che gli assassini di ‘Uthmàn, oltre ad essere colpevoli di omicidio, sono da ritenere responsabili di tutti i disordini conseguenti alla «fitna». Il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) disse: «La fitna dorme e Allah maledice chi la sveglia». 15 I beni di questo mondo e i suoi affetti, possono essere segni della benedizione divina, se vengono usati e vissuti islamicamente. Al contrario diventano occasioni di dannazione se per causa loro l’uomo dimentica il suo Creatore e i doveri nei Suoi confronti. 16 Anche: «vi concederà di distinguervi dai miscredenti». 17 Accenno alle persecuzioni subite dal Profeta (pace e benedizioni su di lui) prima che Allah, gloria a Lui l’Altissimo, gli desse il permesso di emigrare a Medina. 18 Parlando della tentazione con cui Satana insidia l’uomo, l’Inviato di Allah raccontò questo dialogo tra il Reietto e il Suo Signore: «Disse Satana: “Giuro per la Tua potenza che non smetterò di traviare i Tuoi servi fintanto che avranno spirito in corpo”. Rispose Allah: “In nome della Mia potenza avrò sempre cura di perdonare loro fintanto che Me lo chiederanno”». 19 «non è altro che sibili e battimani»: pratiche pagane facenti parte del rito della Circumambulazione della Ka‘ba da parte dei politeisti. 20 «dietro di loro c’è l’esperienza degli antichi»: c’è il ricordo dei castighi che Allah impose ai popoli che rifiutarono i Suoi ordini. 21 politeismo: nel testo «fitna»; in questo caso il significato è appunto politeismo, associazionismo, disconoscimento dell’unicità di Allah. Vedi nota al vers. 22 Questo versetto scese a precisare il senso del primo versetto della sura. Allah (gloria a Lui l’Altissimo) riconosce ai credenti il diritto sui quattro quinti della preda di guerra e stabilisce che il restante quinto deve essere speso per la causa di Allah, per le necessità della gestione del potere, per opere sociali e di pubblica assistenza. Vengono gettate le basi del primo «stato sociale» e viene individuata la sua copertura finanziaria. Con “suoi parenti” s’intende i clan dei bani Hashim e dei bani Abd-el-Muttalib. 23 «nel giorno del Discrimine»: un’altra allusione alla battaglia di Badr. 24 «la vostra risolutezza»: lett. «il vostro vento». 25 Continuano i riferimenti alla battaglia di Badr. In questo versetto i protagonisti sono quei meccani che si precipitarono in soccorso della carovana minacciata dai musulmani. Il Corano stigmatizza anche il loro modo di fare: «con insolenza e ostentazione», la tradizione infatti racconta che, sicuri della vittoria, i meccani avevano già preparato i festeggiamenti e che partirono accompagnati da ballerine e grande quantità di vino. 26 Alcune tradizioni riferiscono che marciando verso Badr, i meccani temevano di essere attaccati alle spalle dai Bam Kinâma, una tribù a loro ostile. Allah (gloria a Lui l’Altissimo) li ingannò una volta di più e credettero di vedere il capo di quella tribù che veniva ad attestar loro la sua solidarietà, tranquillizzandoli fino al momento dello scontro. Secondo altre tradizioni era Satana stesso ad ingannarli e li abbandonò quando «vide» le schiere di angeli che scendevano in campo a fianco dei musulmani. 27 Il versetto accenna al supplizio della tomba, che per i musulmani è una realtà incontrovertibile rivelata da Allah (vedi anche VIII, 50-e dal Suo Inviato (pace e benedizioni su di lui). Disse il Profeta: «Appena calato nella tomba, appena i suoi cari si sono allontanati, quando i loro passi risuonano ancora, l’uomo morto vede due angeli presentarglisi davanti; lo fanno sedere e gli chiedono: “Cosa pensi di quest’uomo?” (Cioè del Profeta Muhammad); il credente risponde: “Attesto che è il Servitore e il Messaggero di Allah!”, “Guarda, gli dicono gli angeli, ecco la residenza che ti era destinata all’Inferno, Allah te l’ha sostituita con quest’altra, in Paradiso”. Gli mostrano allora le due destinazioni. Invece l’ipocrita e il miscredente rispondono: “Io non so, dicevo quello che diceva la gente!”. “Non hai saputo niente, non hai recitato niente”, dicono gli angeli, e con barre di ferro gli assestano dei colpi che gli fanno lanciare urla che sentono tutti quelli che lo circondano, a parte i jinn e gli uomini. Quando uno muore, la sua residenza futura gli viene mostrata al mattino e alla sera. Se è destinato all’inferno, la sua dimora infernale sarà di fronte a lui. Se ha la grazia di essere destinato al Paradiso, nella tomba vedrà il suo futuro soggiorno. Ad ognuno di loro sarà detto: “Guarda la tua residenza futura aspettando il giorno del giudizio!”» (questo hadith è stato tramandato da al-Bukhârî). 28 È evidente il riferimento all’intervento di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) a fianco dei Figli di Israele ai tempi dell’Esodo. Anche in quel caso l’intervento divino risolse una situazione assai critica per i credenti. 29 «Preparate… per terrorizzare…»: il Corano teorizza chiaramente il valore della deterrenza. 30 «altri ancora…»: la lotta contro i miscredenti è una costante della vita della Comunità islamica e pertanto ogni episodio oltre al valore che ha in sé, è anche esempio e ammonimento rivolto ad altre situazioni e altri popoli. 31 Prima dell’arrivo del Profeta, Medina era agitata dai tremendi scontri tribali che avevano per protagonisti i clan arabi degli Aws e dei Khazraj. Dietro questi scontri stavano spesso i clan ebrei che, alleati degli uni o degli altri, ricavavano molti vantaggi dalla situazione. Fabbricavano armi che vendevano ai contendenti, esercitavano l’usura per finanziare i loro steì&i clienti e svolgevano attività di spionaggio. Il loro obiettivo strategicamente più importante, era quello di mantenere l’inimicizia tra gli arabi e indebolirli favorendo e alimentando i lorocontrasti. La rivelazione divina, portata dal Profeta (pace e benedizioni su di lui) convinse gli arabi a metter da parte odi e rancori. 32 Nel precedente vers. veniva impartito ai credenti l’ordine di combattere nella (s)proporzione (massima) di uno contro dieci, in questo versetto l’obbligo viene ridotto a uno contro due e il precedente precetto è abrogato. I commentatori si sono chiesti la ragione di questa apparente contraddizione e l’hanno spiegata rilevando che la giustapposizione dei due versetti non corrisponde alla loro rivelazione cronologica, in quanto il vers. fu rivelato molto più tardi e avanzando l’ipotesi di un approccio psicologico alla questione dello scontro contro forze preponderanti. Se infatti viene richiesto ai credenti uno sforzo sovrumano, quando poi la sua valenza viene ricondotta entro limiti umanamente possibili, il senso di sollievo per la grazia ricevuta fa sì che l’ordine di Allah venga accettato senza altre contestazioni o lamentele. In base a questo versetto viene concesso il diritto alla ritirata strategica che sembrava precluso in base al vers. della stessa sura. 33 Conclusa la battaglia, i musulmani si trovarono ad avere in loro potere una cinquantina di prigionieri. Tra loro alcuni dei più bei nomi dell’aristocrazia Quraysh, le cui famiglie avrebbero certamente riscattato anche a caro prezzo. Questo era il costume arabo e a molti musulmani sembrava del tutto ovvio che così si procedesse. A questa soluzione era favorevole anche il Profeta (pace e benedizioni su di lui), non di certo per avidità ma per evitare che l’uccisione dei prigionieri provocasse altri lutti e scavasse sempre più profondo il solco che ormai attraversava tutti i clan Quraysh e le stesse famiglie: da una parte i credenti dall’altra i miscredenti. Tra i prigionieri infatti c’era Abbàs, zio dell’Inviato di Allah e fratello di Hamza, Abû ’l-‘As, marito di Zaynab la figlia del Profeta, c’era ‘Aqìl fratello di Ali. ‘Umar ibn Khattab, nella sua intransigenza «pura e dura» avrebbe voluto passarli tutti a fil di spada. Alfa fine solo un paio di loro, del tutto irriducibili, furono decapitati. Nel versetto si può leggere un certo rimprovero divino per l’indulgenza di Muhammad (pace e benedizioni su di lui), ma nei versetti successivi diventa esplicito che Allah approvava le decisioni del Suo Inviato. 34 Questo versetto insiste sull’alleanza, l’apparentamento, che si sviluppò in base alla comune fede tra i meccani emigrati e i medinesi degli Aws e dei Khazraj. Riponendo in Allah e non nei meschini interessi di clan, le ragioni della solidarietà tra gli uomini, l’IsIàm produsse lo sconvolgimento delle regole che dominavano i rapporti tra i clan e tra la gente. 35 Nella sua parte finale il versetto abroga una parte della legge istituita subito dopo l’Egira. Era stato infatti stabilito che ogni famiglia di medinesi (gli ausiliari) fosse apparentata ad una famiglia di meccani (gli emigranti) e questo aveva conseguenze anche materiali. In particolare stabiliva una linea ereditaria tra affiliati che escludeva i consanguinei. Il precetto di Allah espresso in questo versetto ribadisce la supremazia dei legami del sangue.

Hamza Roberto Piccardo

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