Eccetto
1coloro che credono, compiono il bene e spesso ricordano Allah, e che si difendono quando sono vittime di un’ingiustizia. Gli ingiusti vedranno ben presto il destino verso il quale si avviano.
2 La poesia era la sola arte in cui eccellevano gli arabi al tempo della predicazione dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui). In una società che sopportava la durezza della vita nel deserto grazie all’altissima considerazione che aveva di se stessa, delle sue virtù guerriere, del suo senso dell’onore e dell’estrema suscettibilità tribale, i poeti erano considerati dei veri e propri divi. Si riteneva che fossero dei posseduti, che la loro vena avesse origine magica e i clan se ne contendevano i favori coprendoli di onori e di regali. Essi erano in qualche maniera la memoria storica della tribù e, cantando gli antichi fasti dei suoi guerrieri, eccitavano gli uomini al combattimento e alla bravura. Nei loro versi le considerazioni etiche erano utilitaristiche, per gli arabi il bene si identificava immancabilmente con gli interessi della tribù e un vecchio torto riesumato era sempre un valido motivo per giustificare violenze e razzie contro odiati vicini. Si può ben comprendere come i poeti fossero gli araldi e i cantori di quella anarchica conflittualità che dilaniava in modo endemico la società arabica. L’Islàm, con la sua missione pacificatrice e unificatrice, si poneva in aperta antitesi con gli interessi di questi personaggi; essi se ne resero conto ben presto e impegnarono la loro arte al servizio dei nemici di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) e del Suo Inviato. Per la prima volta la poesia usciva dai suoi limiti di particolarismo tribale e assumeva un ruolo di difesa di quello stesso tribalismo che la predicazione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) minava alle sue fondamenta sostituendogli il concetto di «’Umma» (comunità dei credenti). Il Profeta (pace e benedizioni su di lui) fu preso di mira e crudelmente attaccato dai poeti pagani e poi fu difeso ed elogiato da quelli che avevano riconosciuto la sua missione. Secondo i commentatori il vers. che dà il nome alla sura non deve essere inteso come una condanna totale della poesia ma soltanto dei poeti immorali e miscredenti.
3 A proposito di queste lettere, vedi Appendice
4 Come riferisce una tradizione, Mosè aveva un difetto di pronuncia o era balbuziente, o forse sapeva che la sua fierezza e la sua emotività avrebbero talmente sofferto alle accuse degli ingiusti da impedirgli una reazione verbalmente coerente.
5 Quando Mosè viveva alla corte del Faraone, in preda ad un accesso di ira, uccise involontariamente un egiziano che stava brutalizzando uno schiavo ebreo. In conseguenza di ciò fu obbligato a fuggire dal paese.
6 Vedi sopra nota al vers.
7 «uno degli smarriti»: «ad dâllîn»: nell’ultimo versetto della Fatiha, abbiamo tradotto questa espressione «quelli che si sono smarriti», in questo caso invece il riferimento è a Mosè (pace su di lui) il quale non era certamente traviato neppure prima di ricevere la missione profetica. Secondo la dottrina islamica infatti, i profeti non sono mai stati idolatri, neppure nella vita che ha preceduto la loro missione, ma solo, talvolta, smarriti, privi di guida, distratti.
8 Quella di Mosè nei confronti di Faraone non è certo ingratitudine. Tutti i benefici che egli aveva ricevuto miravano a utilizzare le sue grandi qualità a favore di un sistema che opprimeva il suo popolo; egli stesso era sfuggito miracolosamente al massacro dei figli maschi della sua gente (vedi xx, 38-40).
9 II versetto sembra voler ricordare alla gente di Faraone una rivelazione dimenticata; vedi note a VII, 123-xx,
10 Vedi xx, e la nota.
11 «i favoriti»: «al-muqarrabìn», letteralmente i ravvicinati, gli approssimati. Significa: «entrerete a far parte della cerchia dei miei consiglieri più intimi».
12 Un orrendo supplizio per i maghi che passano così dalla miscredenza al martirio: il taglio della mano destra e del piede sinistro e la crocifissione. A proposito della loro straordinaria conversione, vedi note a VII, 123-XX,
13 Faraone e i suoi.
14 Non abbiamo notizie a proposito di un ritorno dei Figli di Israele in Egitto e neppure sul fatto che alcuni di loro non abbiano seguito Mosè nell’Esodo; pertanto non capiamo in quale modo essi potessero ereditare materialmente quei «giardini e fonti, tesori e graziose dimore» di cui è questione nei due versetti precedenti. Il significato più accettato dai commentatori è quello che i Figli di Israele ottennero nella Palestina in cui si stabilirono condizioni di vita e beni uguali a quelli che avevano posseduto i loro padroni egiziani.
15 Nel senso di «facemmo sì che gli altri si gettassero nel passaggio aperto nel mare».
16 La malattia come stato di debolezza incidentale che colpisce tutti gli uomini fa certamente parte del disegno di realizzazione spirituale che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ha disposto per l’uomo.
17 «i giusti»: «as-sâlihîn», anche «i devoti».
18 «il Giardino delle Delizie»: «Jannatu ’n-Na‘ ìm», una delle dimore del Paradiso.
19 II Paradiso e l’Inferno nelle loro significative dimensioni di delizia totale e fornace orribile, appariranno a quelli destinati alla beatitudine e a quelli destinati alla dannazione: per i primi, alla gioia per il premio ricevuto si aggiungerà il sollievo per il castigo evitato mentre gli altri soffriranno il massimo della disperazione e del rimpianto.
20 Gli idoli e i loro adoratori saranno gettati nell’Inferno.
21 Forse il versetto si riferisce alla storia di Abramo o al destino dei miscredenti indicato dal Corano.
22 «Apri una via»: decidi quale delle due parti debba prevalere.
23 «Come tiranni» cioé: «Sarete spietati nel vostro modo di fare la guerra».
24 «che restò indietro»: Tabarì (XIX, ci riferisce di una donna (la moglie di Lot) che informò i sodomiti della presenza degli ospiti nella casa di Lot. La Bibbia (Genesi XIX, dice che la moglie di Lot, disobbedendo agli ordini divini si volse a contemplare la rovina di Sodoma e fu trasformata in una colonna di sale. Come nella vicenda di Noè abbiamo un figlio che rifiuta la salvezza dell’Arca (vedi XI, 42-e le note) anche nella famiglia di Lot c’è una donna che «rimane indietro», «si volge a guardare indietro», dando segno di un rimpianto per quello che aveva lasciato e da cui Allah l’aveva liberata? Non c’è salvezza per chi la rifiuta.
25 «il popolo di al-Aykah»: (il «Boschetto»), i Madianiti. «il Giorno dell’Ombra»: la tradizione (Tabarì XIX, riferisce che in un giorni) torrido i Madianiti uscirono dalle loro case per cercare un po’ di conforto dirigendosi verso una grande nuvola che aveva oscurato il sole e che prometteva frescura. Li investì una pioggia incandescente che li sterminò.
26 «esso è»: il Corano.
27 «lo Spirito fedele»: l’angelo Gabriele (pace su di lui), il latore della rivelazione coranica.
28 La missione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) è annunciata dai libri delle grandi tradizioni religiose che precedettero la completa rivelazione dell’IsIàm. Hamidul- lah (Traduzione e commento del Corano, Parigi, afferma che gli zoroastriani parlano di un iconoclasta che si sarebbe chiamato «lodatissimo» (Muhammad appunto); i Veda degli Indù predicono l’avvento di un saggio che sarebbe venuto dal deserto, chiamato «degno di lode». Un altro testo indù entra nei particolari e specifica che il di lui padre si sarebbe chiamato «schiavo di Allah» e la madre «degna di fiducia» (rispettivamente Abdallah e Amîna: i genitori del Profeta). Il Budda parlò della «misericordia» che sarebbe giunta a concludere la sua predicazione. Nel Vangelo di Giovanni xiv, e xvi, Gesù, durante l’ultima cena, annuncia ai discepoli la venuta del periklytos («jrepi- kLitöç», il degno di lode), che fu corrotto in paraklitos («jtapax>ıixoç», il consolatore).
29 Alcuni tra i più autorevoli esponenti della cultura ebraica di Medina riconobbero il Corano e la missione profetica di Muhammad (pace e benedizioni su di lui), e si convertirono all’IsIàm: il più noto di loro fu Abdallah ibn Sallàm.
30 «… in una lingua che potessero ben comprendere.»
31 «che la avvertissero»: … di obbedire alla Parola di Allah, alle Sue leggi, ai Suoi precetti.
32 «e sii benevolo»: lett. «abbassa l’ala…». La predicazione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) iniziò all’interno della sua famiglia; in seguito, dopo la conquista della Mecca riunì tutta la sua famiglia invitandola al rispetto rigoroso del culto e della legge islamica.
33 Pare che questi versetti si riferiscano ai diavoli che cercano di origliare i decreti di Allah salendo verso il cielo. Gli Angeli li scoprono e li scacciano lapidandoli. I diavoli scendono sulla terra e bisbigliano quello che hanno potuto ascoltare nelle orecchie dei loro alleati tra gli uomini, aggiungendo però molte cose inventate da loro stessi. Vedi XXXVII, 6-e la nota a LXVII,
34 Vedi nota al titolo della sura.
35 Non sono certo la poesia nel suo complesso e tutti i poeti ad essere condannati dal Corano, ma solo quelli che hanno dato prova di oscenità, di dileggio, di vanagloria.